Dio è Glorificato nella
Totale Dipendenza dell’Uomo da Lui

Jonathan Edwards



Predicato in un discorso pubblico a Boston, l’8 Luglio 1731, e pubblicato per desiderio di vari ministri ed altri in Boston che lo ascoltarono; è la prima pubblicazione di Edwards, ed oggi contenuta in: Jonathan Edwards, The Works of Jonathan Edwards, vol. 2.


I Corinzi 1:29-31

"Affinché nessuna carne si glori alla sua presenza. Ora grazie a lui voi siete in Cristo Gesù, il quale da Dio è stato fatto per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione, affinché, come sta scritto: «Chi si gloria, si glori nel Signore»."

Quei cristiani a cui l’apostolo diresse questa epistola, dimoravano in una parte del mondo dove la sapienza umana godeva di una grande reputazione; come l’apostolo osserva al verso 22 di questo capitolo, "i Greci cercano sapienza." Corinto non era lontana da Atene, che per molto tempo era stata la più famosa sede della filosofia e dell’apprendimento del mondo. L’apostolo quindi fa loro osservare come Dio attraverso il vangelo ha distrutto e ridotto al niente la loro sapienza. I sapienti Greci e i loro grandi filosofi, con tutta la loro sapienza non avevano conosciuto Dio, non erano stati capaci di scoprire la verità concernente le cose divine. Ma, dopo che essi ebbero fatto tutto quanto era in loro potere senza ottenere alcun risultato, piacque a Dio di rivelarsi ampiamente attraverso il vangelo, che loro ritenevano follia. Dio "ha scelto le cose stolte del mondo per svergognare le savie; e Dio ha scelto le cose deboli del mondo per svergognare le forti; e Dio ha scelto le cose ignobili del mondo e le cose spregevoli e le cose che non sono per ridurre al niente quelle che sono". E nel testo l’apostolo li informa riguardo al perché egli ha fatto così: "perché nessuna carne si glori in sua presenza," ecc.; in queste parole può essere osservato:

A cosa Dio mira nella disposizione delle cose nell’ambito della redenzione, ovvero a che l’uomo non si glori in se stesso, ma solo in Dio, I Corinzi 1:29,31: "Affinché nessuna carne si glori alla sua presenza, come sta scritto: «Chi si gloria, si glori nel Signore»."
In che modo è ottenuto questo fine nell’opera della redenzione, ovvero attraverso un’assoluta ed immediata dipendenza da Dio, da parte degli uomini, nell’opera di redenzione, per ogni loro bene.
Giacché:

Primo, tutto il bene che essi hanno è in ed attraverso Cristo; Egli "è stato fatto per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione." L’intero bene della creatura caduta e redenta è costituito da queste quattro cose, e non può esser meglio distribuito che in esse; ma Cristo è ognuna di esse per noi, e noi non abbiamo nessuna di esse se non che in lui. Egli "da Dio è stato fatto per noi sapienza:" in lui è tutto il vero bene e la vera eccellenza dell’intendimento. La sapienza era una cosa che i Greci ammiravano, ma Cristo è la vera luce del mondo; è attraverso lui soltanto che la vera sapienza è impartita alla mente. E’ in e per mezzo di Cristo che abbiamo la "giustizia:" è essendo in lui che siamo giustificati, abbiamo i nostri peccati perdonati, e siamo ricevuti come giusti nel favore di Dio. E’ per mezzo di Cristo che abbiamo la "santificazione:" abbiamo in lui la vera eccellenza di cuore e di intendimento, e lui è stato fatto per noi giustizia inerente come anche imputata. E’ per mezzo di Cristo che noi abbiamo la "redenzione," o la reale liberazione da ogni miseria, e il conferimento di ogni felicità e gloria. Quindi noi abbiamo tutto il nostro bene per mezzo di Cristo, che è Dio.

Secondo, un’altra istanza in cui appare la nostra dipendenza da Dio per ogni nostro bene, è questa: che è Dio che ci ha dato Cristo, così che noi potessimo ricevere questi benefici attraverso di lui; egli "da Dio è stato fatto per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione."

Terzo, è grazie a lui che noi siamo in Cristo Gesù, e che giungiamo ad avere un interesse per lui, e che, in questo modo, riceviamo quelle benedizioni che egli è stato fatto per noi. E’ Dio che ci dà la fede, per mezzo della quale noi ci accostiamo a Cristo. Questo verso, dunque, mostra la nostra dipendenza da ogni persona nella Trinità per ogni nostro bene. Siamo dipendenti da Cristo il Figlio di Dio, poiché egli è la nostra sapienza, giustizia, santificazione, e redenzione. Siamo dipendenti dal Padre, che ci ha dato Cristo, e lo ha reso tali cose per noi. Siamo dipendenti dallo Spirito Santo, perché "grazie a lui siamo in Cristo Gesù:" è lo Spirito di Dio che dona fede in Cristo, per mezzo della quale noi lo riceviamo, e ci accostiamo a lui.


DOTTRINA
"Dio è glorificato nell’opera di redenzione in questo, che, in essa, la dipendenza del redento da lui appare assoluta ed universale."

Qui mi propongo di mostrare,

che c’è un’assoluta ed universale dipendenza dei redenti da Dio per ogni loro bene, e,
che, per questo, Dio soltanto è esaltato e glorificato nell’opera di redenzione.
I. C’è un’assoluta ed universale dipendenza dei redenti da Dio. La natura e il meccanismo della nostra redenzione sono tali che i redenti dipendono da Dio in ogni cosa in modo diretto, immediato, e totale: essi sono dipendenti da lui per tutto, e in ogni modo.

Gli svariati tipi di dipendenza da parte di un essere da un altro per il suo bene, e in cui i redenti di Gesù Cristo dipendono da Dio per tutto il loro bene, sono questi: essi hanno ogni loro bene da lui, per mezzo di lui, e in lui: egli, cioè, è la causa e l’origine da cui proviene ogni loro bene, e per questo esso è da lui; egli è il mezzo attraverso cui il loro bene è ottenuto e conferito, e dunque lo hanno per mezzo di lui; egli è il bene stesso dato ed impartito, e dunque esso è in lui. Ora, quelli che sono redenti da Gesù Cristo, per ognuna di queste cose, riguardo ad ognuno di questi aspetti della redenzione, dipendono da Dio in modo molto diretto e completo.

Primo, i redenti hanno ogni loro bene da Dio. Dio è il grande autore d’esso. Egli è la prima causa d’esso, e non solo: egli è la sola vera causa. E’ da Dio che abbiamo il nostro Redentore. E’ Dio che ha provveduto un Salvatore per noi. Gesù Cristo è da Dio non soltanto per quanto concerne la sua persona, poiché egli è l’unigenito Figlio di Dio, ma egli è da Dio per quanto concerne noi in relazione con lui ed il suo ufficio di Mediatore. Egli è il dono di Dio a noi: Dio lo scelse e lo unse, gli assegnò la sua opera, e lo mandò nel mondo. E come è Dio che dà, così è Dio che accetta il Salvatore. Egli dà colui che acquista, ed egli procura ciò che è acquistato. E’ grazie a Dio che Cristo diviene nostro, che noi siamo portati a lui, e che siamo uniti a lui (I Corinzi 1:30). E’ da Dio che noi riceviamo fede per accostarci a lui, che noi possiamo avere un interesse per lui, Efesini 2:8: "Voi infatti siete stati salvati per grazia, mediante la fede, e ciò non viene da voi, è il dono di Dio." E’ da Dio che noi riceviamo tutti i benefici che Cristo ha acquistato. E’ Dio che perdona e giustifica, e libera dallo scendere all’inferno; e nel suo favore i redenti sono ricevuti, perché vengono giustificati. Così è Dio che ci libera dal dominio del peccato, ci pulisce dal nostro sudiciume e trasforma la nostra deformità. E’ da Dio che i redenti ricevono ogni vera eccellenza, sapienza, e santità; e ciò in due modi: lo Spirito, per mezzo del quale queste cose sono immediatamente prodotte, è da Dio, procede da lui, ed è mandato da lui; lo Spirito Santo stesso è Dio, tramite le cui operazioni e il cui dimorare nei santi sono conferite e mantenute la conoscenza di Dio e delle cose divine, una santa disposizione, e ogni grazia. Ed anche se nel conferire grazia alle anime degli uomini è fatto uso di mezzi, tuttavia è da Dio che noi abbiamo questi mezzi di grazia, ed è lui che li rende efficaci. E’ da Dio che noi abbiamo le Sacre Scritture; esse sono la sua parola. E’ da Dio che abbiamo ordinanze, e la loro efficacia dipende dall’immediata influenza del suo Spirito. I ministri del vangelo sono mandati da Dio, e tutta la loro sufficienza viene da lui, II Corinzi 4:7: "Or noi abbiamo questo tesoro in vasi di terra, affinché l'eccellenza di questa potenza sia di Dio e non da noi." Il loro successo dipende interamente ed assolutamente dall’immediata benedizione ed influenza di Dio.

1. I redenti hanno tutto dalla grazia di Dio. Fu per pura grazia che Dio ci diede il suo unigenito Figlio. La grazia è grande in proporzione all’eccellenza di ciò che è dato. Il dono fu infinitamente prezioso, perché era una persona infinitamente degna, una persona di infinita gloria; ed anche perchè era una persona infinitamente vicina e cara a Dio. La grazia è grande in proporzione al beneficio che egli ci ha dato in lui. Il beneficio è doppiamente infinito, per il fatto che in lui abbiamo liberazione da un’infinita, poiché eterna, miseria, e anche perché riceviamo eterna gioia e gloria. La grazia nel dare questo dono è grande in proporzione alla nostra indegnità nel riceverlo; invece di meritare tale dono, noi meritavamo infinitamente il male dalla mano di Dio. La grazia è grande rispetto alla maniera in cui è data, o in proporzione all’umiliazione e al costo del mezzo con cui fu creata una strada affinchè avessimo il dono. Egli lo diede per dimorare in mezzo a noi, lo diede a noi incarnato, nella nostra natura, e nelle stesse infermità, ma privo di peccato. Egli lo diede a noi in una condizione bassa e nell’afflizione; e non soltanto questo, ma come vittima, così che egli potesse essere una pasqua per le nostre anime.

La grazia di Dio nel conferire questo dono è liberissima. Era ciò che Dio non aveva alcun obbligo di dare. Egli avrebbe potuto rigettare l’uomo caduto, come fece con gli angeli decaduti. Era ciò che non abbiamo fatto niente per meritare; fu dato mentre noi eravamo ancora nemici, e perfino prima ancora che ci fossimo ravveduti. Fu dall’amore di Dio che non vide in noi alcun eccellenza che lo attraesse, e fu senza aspettarsi di essere ripagato per esso. Ed è per pura grazia che i benefici di Cristo sono applicati a tali e tal altre particolari persone. Quelli che sono chiamati e santificati devono attribuirlo solo al beneplacito della bontà di Dio, per il quale essi si distinguono. Egli è sovrano, ed ha misericordia di chi ha misericordia.

L’uomo ha ora una più grande dipendenza dalla grazia di Dio di quanto ne avesse prima della caduta. Egli dipende dalla libera bontà di Dio molto più di allora. Allora egli dipendeva dalla bontà di Dio per il conferimento del premio per la perfetta ubbidienza; Dio non era obbligato a promettere e conferire quel premio.1 Ma ora noi siamo dipendenti dalla grazia di Dio per molto di più; abbiamo necessità di ricevere grazia, non solo per mettere su di noi la sua gloria, ma per liberarci dall’inferno e dall’ira eterna. Sotto il primo patto noi dipendevamo dalla bontà di Dio perché ci fosse data la ricompensa della giustizia, e così anche ora: ma ora abbiamo necessità della libera e sovrana grazia di Dio che ci dia quella giustizia, che perdoni il nostro peccato, e ci affranchi dalla colpa e dall’infinito demerito dovuto ad essa. E poiché dipendiamo dalla bontà di Dio più ora che sotto il primo patto, così siamo dipendenti da una più grande, più libera e meravigliosa bontà. Noi siamo ora più dipendenti dall’arbitrario e sovrano beneplacito di Dio. Nella nostra condizione originaria dipendevamo da Dio per la santità. Avevamo la nostra originale giustizia da lui; ma allora la santità non era donata secondo un tale beneplacito sovrano, come è ora. L’uomo fu creato santo, perchè Dio creò sante tutte le sue creature razionali. Sarebbe stato un discredito per la santità della sua natura, se egli avesse creato non santa una creatura intelligente. Ma ora, quando l’uomo caduto è reso santo, è per pura ed arbitraria grazia; Dio può negare per sempre la santità alla creatura caduta se così gli piace, senza alcun discredito per alcuna delle sue perfezioni. E noi siamo non solo davvero più dipendenti dalla sua grazia, ma la nostra dipendenza è molto più cospicua, perché la nostra propria inerente insufficienza ed impotenza è molto più evidente, nel nostro stato decaduto e disfatto, che quando lo fosse prima di essere contaminati dal peccato e miserabili. Noi dipendiamo da Dio per la santità in modo più apparente, perché siamo dapprima in uno stato di peccato, e completamente contaminati, e poi santi. Così la produzione dell’effetto è percepibile, e la sua derivazione da Dio più ovvia. Se l’uomo si fosse conservato sempre santo, non sarebbe stato così apparente che la santità non è una qualità necessariamente inseparabile dalla natura umana. Così invece dipendiamo dalla libera grazia del favore di Dio in modo più apparente, perché siamo dapprima, e giustamente, gli oggetti del suo dispiacere, e in secondo luogo siamo ricevuti nel suo favore. Dipendiamo da Dio per la felicità, perché davvero siamo senza alcun tipo di eccellenza da poter meritare qualcosa, se ci può essere qualcosa come un merito nell’eccellenza di una creatura. E noi siamo non solo senza alcuna vera eccellenza, ma pieni di ciò che è infinitamente odioso, del tutto lordati da esso. Tutto il nostro bene è da Dio in un modo più apparente, perché siamo dapprima nudi e del tutto senza alcun bene, e poi arricchiti di ogni bene.

1. Noi riceviamo tutto dalla potenza di Dio. La redenzione dell’uomo è spesso descritta come un’opera di meravigliosa potenza oltre che di grazia. La grande potenza di Dio appare nel portare un peccatore dal suo spregevole stato, dalle profondità del peccato e della miseria, ad un tale stato esaltato di santità e felicità. Efesini 1:19: "e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi che crediamo secondo l'efficacia della forza della sua potenza". Dipendiamo dalla potenza di Dio in ogni passo della nostra redenzione. Dipendiamo dalla potenza di Dio che ci converte, e ci dà fede in Gesù Cristo, e la nuova natura. E’ un’opera di creazione: "Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura," 2 Corinzi 5:17. "Noi infatti siamo opera sua, creati in Cristo Gesù," Efesini 2:10. La creatura caduta, non può ottenere la vera santità, se non essendo creata di nuovo. Efesini 4:24: "e per essere rivestiti dell'uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e santità della verità." E’ un risuscitare dai morti, Colossesi 2:12: "in lui siete anche stati insieme risuscitati, mediante la fede nella potenza di Dio che lo ha risuscitato dai morti." Sì, è un’opera più gloriosa di una mera creazione, o del risuscitare un corpo morto, poiché l’effetto ottenuto è più grande e più eccellente. Quel santo e felice essere, e la vita spirituale, che è prodotta nell’opera di conversione, sono di gran lunga un più grande e più glorioso effetto, che un mero esistere, essere in vita. E lo stato dal quale è operato il cambiamento—una morte nel peccato, una totale corruzione della natura ed una profonda miseria—è di gran lunga più remoto dallo stato ottenuto, di quanto non lo sia la mera morte o la non-esistenza. E’ per la potenza di Dio, inoltre, che siamo preservati in uno stato di grazia. 1 Pietro 1:5: "che dalla potenza di Dio mediante la fede siete custoditi, per la salvezza …" Come la grazia è da Dio all’inizio, così lo è continuamente, ed è mantenuta da lui, nella stessa misura in cui la luce nell’atmosfera proviene dal sole durante tutto il giorno, dall’alba al tramonto. Gli uomini dipendono dalla potenza di Dio per ogni esercizio di grazia, e per portare avanti quell’opera nel cuore, per sottomettere il peccato e la corruzione, per sviluppare principi santi, e per essere in grado di portare frutto nelle buone opere. L’uomo dipende dalla potenza divina nel portare la grazia alla sua perfezione, nel rendere l’anima completamente amabile, a gloriosa somiglianza di Cristo, e riempirla di gioia, portandola ad uno stato di soddisfacente benedizione; così anche per la risurrezione del corpo alla vita, e ad uno stato di tale perfezione che sarà adatto per abitarvi, in modo da essere uno strumento per un’anima così perfezionata e benedetta. Questi sono i più gloriosi effetti della potenza di Dio, che sono visti nella serie degli atti di Dio nei confronti delle creature. L’uomo era dipendente dalla potenza di Dio nella sua condizione primitiva, ma ora lo è maggiormente; egli ha bisogno che la potenza di Dio faccia più cose per lui, e dipende da un più meraviglioso esercizio di questa potenza.
Fu l’effetto della potenza di Dio a rendere l’uomo santo all’inizio: ma ora è più rimarcabilmente così, perché c’è grande opposizione e difficoltà lungo la strada. E’ un più glorioso effetto della sua potenza il rendere santo ciò che era così depravato, e sotto il dominio del peccato, che quello di conferire santità a ciò che prima non aveva in sé niente che vi si opponesse. E’ una più gloriosa opera di potenza il riscattare un’anima dalle mani del diavolo, e dalle potenze delle tenebre, e portarla in uno stato di salvezza, che conferire santità dove non c’era una pre-possessione od opposizione. Luca 11:21,22: "Quando l'uomo forte, ben armato, custodisce la sua casa, i suoi beni stanno al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, questi gli toglie l'armatura nella quale confidava e ne divide le sue spoglie." Così è una più gloriosa opera di potenza il mantenere un’anima in uno stato di grazia e santità, e portarla avanti fino a che essa sia condotta alla gloria, quando c’è così tanto peccato rimanente nel cuore che resiste, e Satana con tutta la sua potenza che si oppone, di quanto lo sarebbe stato trattenere l’uomo dal cadere all’inizio, quando Satana non aveva niente nell’uomo che gli fosse complice. Abbiamo mostrato quindi come i redenti dipendono da Dio per ogni loro bene, poiché lo hanno interamente da lui.

Secondo, essi dipendono da Dio per tutto, anche perché hanno tutto per mezzo di lui. Dio è il mezzo, come l’autore e la fonte, del loro bene. Tutto ciò che abbiamo: sapienza, perdono dei peccati, liberazione dall’inferno, accettazione nel favore di Dio, grazia e santità, profondo conforto e felicità, vita eterna e gloria, è da Dio attraverso un Mediatore, e questo Mediatore è Dio; e da questo Mediatore abbiamo un’assoluta dipendenza, come da colui attraverso il quale riceviamo ogni cosa. Qui abbiamo un altro modo in cui dipendiamo da Dio per ogni bene. Dio non solo ci dà il Mediatore, ed accetta la sua mediazione, e per la sua potenza e grazia ci dona le cose acquistate dal Mediatore, ma il Mediatore è Dio stesso.

Le nostre benedizioni le abbiamo perché ci sono state acquistate, e l’acquisto è stato fatto da Dio, le benedizioni sono state acquistate da lui, e Dio dà colui che acquista; e non solo questo, ma Dio è colui che acquista. Sì, Dio è sia l’acquirente che il prezzo, perché Cristo, che è Dio, acquistò queste benedizioni per noi, offrendo se stesso come prezzo della nostra salvezza. Egli acquistò la vita eterna col sacrificio di se stesso, Ebrei 7:27: "offerse se stesso." Ebrei 9:26: "Cristo è stato manifestato per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso." In verità fu la natura ad essere offerta, ma era la natura di una persona che nel medesimo tempo, nella sua umanità, era anche divina, e quindi fu pagato un prezzo infinito.

Come dunque abbiamo il nostro bene per mezzo di Dio, abbiamo una dipendenza da lui in un senso in cui l’uomo nella sua condizione originaria non aveva. L’uomo doveva avere la vita eterna attraverso la sua propria giustizia, così che egli dipendeva in parte anche da ciò che era in se stesso, perché noi dipendiamo da ciò attraverso cui abbiamo il nostro bene, come anche da ciò da cui l’abbiamo, e anche se la giustizia dell’uomo da cui allora dipendeva era da Dio, tuttavia era la sua propria, era inerente a se stesso, così che la sua dipendenza non era così immediatamente da Dio. Ma ora la giustizia da cui noi dipendiamo non è in noi stessi, ma in Dio. Noi siamo salvati attraverso la giustizia di Cristo: Egli è stato fatto per noi giustizia, e quindi di lui è profetizzato, in Geremia 23:6: "L'Eterno nostra giustizia". Dal momento che la giustizia per mezzo di cui noi siamo giustificati è la giustizia di Cristo, è la giustizia di Dio. II Corinzi 5:21: "Poiché egli ha fatto essere peccato per noi colui che non ha conosciuto peccato, affinché noi potessimo diventare giustizia di Dio in lui". Quindi nella redenzione noi abbiamo non soltanto tutte le cose da Dio, ma per mezzo e attraverso di lui, I Corinzi 8:6: "per noi c'è un solo Dio, il Padre dal quale sono tutte le cose e noi in lui; e un solo Signore, Gesù Cristo, per mezzo del quale sono tutte le cose, e noi esistiamo per mezzo di lui."

Terzo, i redenti hanno tutto il loro bene in Dio. Non solo l’abbiamo da lui, e per mezzo di lui, ma esso consiste di lui stesso, egli è tutto il nostro bene. Il bene dei redenti è o oggettivo o inerente. Per loro bene oggettivo intendo quell’oggetto estrinseco, al di fuori di loro stessi, nel possesso e nel godimento del quale essi sono felici. Il loro bene inerente è quell’eccellenza o piacere che è nell’anima stessa. Per quanto riguarda entrambi, i redenti hanno tutto il loro bene in Dio, o, che è dire lo stesso, Dio stesso è tutto il loro bene.

1. I redenti hanno tutto il loro bene oggettivo in Dio. Dio stesso è il grande bene di cui essi sono portati in possesso e in godimento, mediante la redenzione. Egli è il bene più alto, e la somma di tutto il bene che Cristo ha acquistato. Dio è l’eredità dei santi; egli è la porzione delle loro anime. Dio è la loro salute e il loro tesoro, il loro cibo, la loro vita, la loro dimora, il loro ornamento e diadema, ed il loro eterno onore e gloria. Essi non hanno nessuno in cielo se non Dio; egli è il grande bene in cui i redenti sono ricevuti alla morte, e a cui devono risorgere alla fine del mondo.
Il Signore Dio è la luce della Gerusalemme celeste; ed è il "fiume puro dell’acqua della vita" che scorre, e "l’albero della vita che è in mezzo al paradiso di Dio." Le gloriose eccellenze e la bellezza di Dio sarà ciò che diletterà le menti dei santi, e l’amore di Dio sarà la loro gioia eterna. I redenti godranno sicuramente di altre cose: degli angeli, e di uno con l’altro, ma ciò di cui godranno negli angeli, o in l’uno con l’altro, o in qualsiasi altra cosa che procurerà loro diletto e felicità, sarà ciò che sarà visto di Dio in tutte queste cose.
2. I redenti hanno tutto il loro bene inerente in Dio. Il bene inerente è duplice: o è eccellenza o piacere. I redenti non solo derivano questi da Dio, poiché causati da lui, ma li hanno in lui. Essi hanno eccellenza spirituale e gioia per una sorta di partecipazione di Dio. Essi sono resi eccellenti per una comunicazione dell’eccellenza di Dio. Dio mette la sua propria bellezza, la sua bellissima immagine, sulle loro anime. Essi sono resi partecipi della santità di Dio, Ebrei 12:10. I santi sono bellissimi e benedetti per una comunicazione della santità e della gioia di Dio, come la luna ed i pianeti risplendono per la luce del sole che li irradia. In queste cose i redenti hanno comunione con Dio; cioè, essi partecipano di lui con lui. I santi hanno sia la loro eccellenza spirituale che la loro benedizione attraverso il dono dello Spirito Santo, e il suo dimorare in loro. Esse non soltanto sono causate dallo Spirito Santo, ma hanno in lui il loro principio. Lo Spirito Santo, divenendo un abitatore, è un principio vitale nell’anima. Egli, agendo in, su, e con l’anima, diviene una fonte di vera santità e gioia, una fonte come d’acqua, attraverso l’esercizio e la diffusione di se stesso. Giovanni 4:14: "ma chi beve dell'acqua che io gli darò non avrà mai più sete in eterno; ma l'acqua che io gli darò diventerà in lui una fonte d'acqua che zampilla in vita eterna." Confrontato con il capitolo 7, versi 38-39: "Chi crede in me, come ha detto la Scrittura, da dentro di lui sgorgheranno fiumi d'acqua viva. Or egli disse questo dello Spirito, che avrebbero ricevuto coloro che avrebbero creduto in lui." La somma di ciò che Cristo ci ha acquistato è quella fonte d’acqua di cui si parla nel primo dei passi riportati, e quei fiumi d’acqua viva di cui si parla nel secondo. E la somma delle benedizioni che i redenti riceveranno in cielo, e quel fiume dell’acqua della vita che procede dal trono di Dio e dell’Agnello (Apocalisse 22:1), il quale senza dubbio è lo stesso di cui si parla in Giovanni 7:38-39, e che altrove è chiamato "il fiume delle delizie di Dio." In ciò consiste la pienezza del bene che i santi ricevono da Cristo. E’ essendo partecipi dello Spirito Santo, che essi hanno comunione con Cristo nella sua pienezza. Dio ha dato a lui lo Spirito senza misura, ed essi ricevono dalla sua pienezza grazia su grazia.

Questa è la somma dell’eredità dei santi, e quindi quel poco dello Spirito Santo [ciò che lo Spirito ci comunica di Dio] che i credenti hanno in questo mondo, è detto essere la caparra della loro eredità, II Corinzi 1:22: "il quale ci ha anche sigillati e ci ha dato la caparra dello Spirito nei nostri cuori." E al capitolo 5, verso 5: "Or colui che ci ha formati proprio per questo è Dio, il quale ci ha anche dato la caparra dello Spirito." E, "siete stati sigillati con lo Spirito Santo della promessa; il quale è la garanzia della nostra eredità, in vista della piena redenzione dell'acquistata proprietà a lode della sua gloria." Lo Spirito Santo e le cose buone sono equiparati nella Scrittura; ciò che lo Spirito di Dio comunica all’anima comprende tutte le cose buone, "quanto più il Padre vostro, che è nei cieli, darà cose buone a quelli che gliele domandano!" In Luca 11:13, il pasaggio parallelo, è: "quanto più il Padre celeste donerà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!" Questa è la somma delle benedizioni che Cristo morì per procurare, e il soggetto delle promesse del vangelo. Galati 3:13,14: "essendo diventato maledizione per noi (poiché sta scritto: «Maledetto chiunque è appeso al legno»), affinché la benedizione di Abrahamo pervenisse ai gentili in Cristo Gesù, perché noi ricevessimo la promessa dello Spirito mediante la fede." Lo Spirito di Dio è la grande promessa del Padre, Luca 24:49: "Ed ecco, io mando su di voi la promessa del Padre mio." Lo Spirito di Dio è quindi chiamato in Efesini 1:13: "lo Spirito Santo della promessa." Cristo ricevette questa cosa promessa, ed essa gli fu consegnata non appena ebbe finito l’opera della nostra redenzione per donarla a tutti quelli che aveva redento: "Egli dunque, essendo stato innalzato alla destra di Dio e avendo ricevuto dal Padre la promessa dello Spirito Santo, ha sparso quello che ora voi vedete e udite," Atti 2:33. Così tutta la santità e la felicità dei redenti è in Dio. Essa è nelle comunicazioni, nel dimorare, e nell’agire dello Spirito di Dio. La santità e la felicità è nel frutto, qui e nell’aldilà, perché Dio dimora in loro, e loro in Dio.

Quindi Dio ci ha dato il Redentore, ed è per mezzo di lui che è acquistato il nostro bene. Così Dio è il Redentore e il prezzo; ed egli è anche il bene acquistato. Così tutto ciò che abbiamo è da Dio, per mezzo di lui, ed in lui. "Poiché da lui, per mezzo di lui e in vista di lui (o in lui) [eis] sono tutte le cose," Romani 11:36. La stessa particella che nel greco è qui resa con "per, in vista di," è resa con "in" in 1 Corinzi 8:6 ("per noi c'è un solo Dio, il Padre dal quale sono tutte le cose e noi in [eis] lui").

II. Dio è glorificato nell’opera di redenzione attraverso questi mezzi; essendoci una dipendenza così grande ed universale dei redenti da lui.

1. L’uomo ha quindi una più grande occasione ed obbligo di notare e riconoscere le perfezioni e la completa sufficienza di Dio. Più grande è la dipendenza della creatura dalle perfezioni di Dio, più esse gli riguarderanno, e tanto più grande è l’occasione che egli ha di notarle. Quanto più stretta è la relazione che uno ha con e la dipendenza dalla potenza e la grazia di Dio, tanto più grande è l’occasione che egli ha di notare quella potenza e quella grazia. Quanto più grande e più immediata dipendenza c’è dalla santità divina, tanto più grande sarà l’occasione di considerarla e riconoscerla. Quanto più grande e più assoluta sarà la dipendenza che abbiamo dalle perfezioni divine, in quanto appartenenti alle varie persone della Trinità, tanto più grande è l’occasione che noi abbiamo di osservare ed appropriarci della gloria divina di ognuna di loro. Ciò con cui abbiamo molto a che fare è sicuramente parecchio in vista da essere osservato e notato; e questo tipo di relazione, di dipendenza, tende specialmente a dirigere e ad obbligare l’attenzione e l’osservazione. Quelle cose da cui non siamo molto dipendenti, sono facili da trascurare; ma possiamo fare ben poco altro se non preoccuparci di ciò da cui abbiamo una grande dipendenza. Per ragione di una nostra così grande dipendenza da Dio, e dalle sue perfezioni, e per così tanti aspetti, lui è la sua gloria sono più direttamente messi in vista, qualsiasi sia la direzione in cui volgiamo i nostri occhi. Abbiamo la più grande occasione di notare la completa sufficienza di Dio, quando tutta la nostra sufficienza è quindi la sua in ogni modo. Abbiamo più occasione di contemplarlo come un bene infinito, e come la fonte di tutto il bene. Una tale dipendenza da Dio dimostra la sua completa sufficienza. Quanto più la dipendenza della creatura è da Dio, tanto più grande appare in se stessa la vuotezza della creatura; e quanto più profonda è la vuotezza della creatura, tanto più grande deve essere la pienezza dell’Essere che vi sopperisce. L’avere tutto da Dio, mostra la pienezza della sua potenza e grazia; l’avere tutto per mezzo di lui, mostra la pienezza del suo merito e dignità, e l’avere tutto in lui, dimostra la sua pienezza e bellezza, amore e gioia. Ed i redenti, per ragione della grandezza della loro dipendenza da Dio, hanno non solo una tanto più grande occasione, ma anche obbligo di contemplare e riconoscere la gloria e la pienezza di Dio. Quanto irragionevoli ed ingrati saremmo se non riconoscessimo quella sufficienza e gloria da cui noi dipendiamo in modo assoluto, immediato, ed universale!

2. Di qui è dimostrato quanto grande è la gloria di Dio considerata comparativamente, o paragonata, a quella della creatura. Poiché la creatura è quindi totalmente ed universalmente dipendente da Dio, appare che essa è niente, e che Dio è tutto. Di qui appare che Dio è infinitamente al di sopra di noi, che la forza di Dio, e la saggezza e la santità, sono infinitamente più grandi delle nostre. Per quanto grande e glorioso Dio viene appreso essere dalla creatura, tuttavia se essa non è sensibile alla differenza tra Dio e lei, così da vedere che la gloria di Dio è grande, paragonata con la sua propria, essa non sarà disposta a dare a Dio la gloria dovuta al suo nome. Se la creatura, sotto qualunque profilo, si pone ad un livello pari a quello di Dio, o esalta se stessa ad una qualsiasi competizione con lui, per quanto possa apprendere che a Dio appartengono grande onore e profondo rispetto dovutegli da parte di chi è ad una grande distanza da lui, essa non sarà così sensibile alla realtà che deve a lui il suo essere. Quanto più gli uomini esaltano se stessi, di sicuro tanto meno saranno disposti ad esaltare Dio. E’ certamente ciò a cui mira Dio nella disposizione delle cose riguardanti la redenzione (se riteniamo le Scritture una rivelazione della mente di Dio) affinché Dio appaia pieno, e l’uomo in se stesso vuoto, affinché Dio appaia come tutto, e l’uomo niente. E’ il dichiarato disegno di Dio che altri non si "glorino in sua presenza," il che implica che è il suo disegno quello di promuovere, in paragone, la sua propria gloria. Quanto più l’uomo "si gloria nella presenza di Dio," tanto meno la gloria è attribuita a Dio.

3. Essendo dunque così ordinato, cioè che la creatura debba avere una così assoluta ed universale dipendenza da Dio, Dio ha disposto che egli debba possedere le nostre intere anime, e che debba essere l’oggetto del nostro indiviso rispetto. Se dipendessimo in parte da Dio, ed in parte da qualcos’altro, il rispetto dell’uomo sarebbe diviso tra quelle due differenti cose dalle quali dipende. Così sarebbe, dunque, se noi dipendessimo da Dio solo per una parte del nostro bene, e da noi stessi, o qualche altro essere, per un’altra parte. Oppure se noi avessimo il nostro bene solo da Dio, ma per mezzo di un altro che non sia Dio, e in qualcos’altro che non sia né l’uno né l’altro, i nostri cuori sarebbero divisi tra il bene stesso, e colui dal quale, e attraverso il quale, noi lo abbiamo ricevuto. Ma ora non c’è occasione per questo, poiché Dio non solo è colui dal quale abbiamo tutto il bene, ma anche colui per mezzo del quale lo abbiamo, ed anche quel bene stesso, che da lui abbiamo. Così qualsiasi cosa debba attrarre il nostro interesse, la tendenza è ancora direttamente verso Dio, e tutto trova unione in lui come centro.


APPLICAZIONE
1. Possiamo qui osservare la meravigliosa sapienza di Dio nell’opera di redenzione. Dio ha fatto della vuotezza e della miseria dell’uomo, del suo basso, perduto e rovinoso stato, in cui era sprofondato con la caduta, un’occasione per il più grande avanzamento della sua propria gloria, come in altre maniere, così particolarmente in questa, ossia che ora l’uomo dipende da Dio in un modo molto più universale ed apparente. Anche se Dio si è compiaciuto di sollevare l’uomo da quel desolante abisso di peccato ed afflizione in cui era caduto, e di esaltarlo in eccellenza ed onore in maniera straordinaria, e ad un alto livello di gloria e di benedizione, tuttavia la creatura non ha niente, sotto qualunque aspetto, di cui gloriarsi; tutta la gloria appartiene in modo evidente a Dio, tutto è in una mera, e più assoluta, e divina dipendenza dal Padre, dal Figlio, e dallo Spirito Santo. Dunque Dio appare nell’opera di redenzione come tutto in tutti. E’ opportuno che colui che è, e oltre al quale non c’è nessun altro, debba essere l’Alfa e l’Omega, il primo e l’ultimo, il tutto ed il solo, in quest’ opera.

2. Per tali ragioni, quelle dottrine e schemi teologici che, sotto qualsiasi profilo, si oppongono ad una tale assoluta ed universale dipendenza da Dio, sminuiscono la sua gloria, e distorcono il disegno della nostra redenzione. E tali sono quegli schemi che pongono la creatura al posto di Dio, in qualsiasi dei menzionati aspetti, che esaltano l’uomo al posto del Padre, del Figlio, o dello Spirito Santo, per qualsiasi cosa che pertiene alla nostra redenzione.

Per quanto essi possano ammettere una dipendenza dei redenti da Dio, tuttavia essi negano una dipendenza che è così assoluta ed universale. Essi ammettono un’intera dipendenza da Dio per alcune cose, ma non per altre; essi ammettono la nostra dipendenza da Dio per il dono e l’accettazione da parte di Dio di un Redentore, ma negano una tale assoluta dipendenza da lui per ottenere un interesse nel Redentore. Essi ammettono un’assoluta dipendenza dal Padre per quanto concerne il dare suo Figlio, e dal Figlio per compiere la redenzione, ma non una così intera dipendenza dallo Spirito Santo per la conversione, e per essere in Cristo, e così giungere ad essere in grado di ricevere i suoi benefici. Essi ammettono una dipendenza da Dio per quanto riguarda i mezzi della grazia, ma non per il beneficio e il successo di quei mezzi in modo assoluto; una parziale dipendenza dalla potenza di Dio, per ottenere ed esercitare la santità, ma non una mera dipendenza dall’arbitraria e sovrana grazia di Dio. Essi ammettono una dipendenza dalla libera grazia di Dio per una ricezione nel suo favore, fino al punto che ciò non è per alcun merito, ma non per quanto riguarda l’essere ricevuti nel suo favore perché si è attratti e mossi senza alcun eccellenza in se stessi. Essi ammettono una parziale dipendenza da Cristo, come da colui dal quale abbiamo vita, e colui che ha acquistato nuove condizioni per avere la vita, ma ritengono ancora che quella giustizia per cui abbiamo la vita è inerente a noi stessi, come sotto il primo patto. Ora qualsiasi schema è incoerente con quello della nostra intera dipendenza da Dio per ogni cosa, per avere tutto da lui, per mezzo di lui, ed in lui, è ripugnante al disegno ed al tenore del vangelo, e lo deruba (lo priva, lo spoglia) di ciò a cui Dio attribuisce il suo splendore e la sua gloria.

3. Di qui possiamo apprendere uno dei motivi per cui la fede è ciò atraverso cui noi giungiamo ad acquisire interesse in questa redenzione; perché nella natura della fede è incluso un sensibile riconoscimento di assoluta dipendenza da Dio in quest’affare. E’ molto giusto che debba essere richiesto, da parte di tutti, perché ricevano il beneficio di questa redenzione, l’essere sensibili verso, e il riconoscere la loro dipendenza da Dio per essa. La fede è una sensibilità di ciò che è reale nell’opera della redenzione, e l’anima che crede dipende interamente da Dio per l’intera sua salvezza, considerandola nel senso più profondo, e nel suo compimento. La fede abbassa l’uomo, ed esalta Dio; dà tutta la gloria della redenzione a lui solo. E’ necessario, per la fede salvifica, che l’uomo sia svuotato di se stesso, e sia sensibile al fatto che egli è "disgraziato, miserabile, povero, cieco e nudo." L’umiltà è un grande ingrediente della vera fede: colui che davvero riceve la redenzione, la riceve come un piccolo bambino: "In verità vi dico che chiunque non riceve il regno di Dio come un piccolo fanciullo, non entrerà in esso," Marco 10:15. E’ il diletto di un’anima credente quello di abbassare se stessa ed esaltare Dio solo: questo è il suo linguaggio: "Non a noi, o Eterno, non a noi ma al tuo nome dà gloria," Salmo 115:1.

4. Siamo esortati ad esaltare Dio solo, e ad attribuire a lui tutta la gloria della redenzione. Sforziamoci di ottenere e di aumentare la sensibilità verso la nostra grande dipendenza da Dio, di avere i nostri occhi su lui solo, di mortificare una disposizione di auto-dipendenza ed auto-giustizia. L’uomo è per natura estremamente incline ad esaltare se stesso, e a dipendere dalla sua propria potenza o bontà, come se anche da se stesso debba aspettarsi la felicità. Egli è proclive a ricercare godimenti estranei a Dio ed al suo Spirito, per quanto riguarda ciò in cui debba trovare la sua felicità. Ma questa dottrina dovrebbe insegnarci ad esaltare Dio solo: sia confidando ed appoggiandoci su di lui, che lodandolo. "«Chi si gloria, si glori nel Signore»." Ha qualcuno una qualche speranza di essere convertito, e santificato, e che la sua mente è dotata di vera eccellenza e bellezza spirituale? Che i suoi peccati sono perdonati, ed è ricevuto nel favore di Dio, ed elevato nell’amore e alla benedizione di essere suo figlio ed erede della vita eterna? Dia a Dio tutta la gloria, perché solo lui lo fa differire dal peggiore degli uomini di questo mondo, o dal più miserabile dei dannati all’inferno. Se un uomo ha molto conforto e una forte speranza di vita eterna, che la sua speranza non lo porti ad innalzarsi, ma lo disponga ad abbassare se stesso, e ad esaltare Dio solo. E’ qualcuno eminente in santità, ed abbondante in buone opere? Che egli non si prenda niente della gloria di ciò per se stesso, ma la attribuisca a colui del quale "siamo opera, creati in Cristo Gesù per fare le buone opere da lui precedentemente preparate afinch[ camminassimo in esse," Efesini 2:9-10.

1N.d.T. Leggasi Il Patto di Creazione con Adamo, a riguardo, per una concezione differente a riguardo di cosa sarebbe accaduto nel caso Adamo avesse ubbidito perfettamente.

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